Quantcast
Channel: Europa Quotidiano » Marco Simoni
Viewing all articles
Browse latest Browse all 13

La spending review è un metodo, non la panacea

$
0
0

È difficile pensare a qualcosa di più intrinsecamente politico delle decisioni sulla spesa pubblica, la democrazia nacque in Inghilterra e negli Stati Uniti, proprio sulle tasse. Eppure, la spending review è sempre stata rappresentata come un puro esercizio tecnico, di una scientificità ottocentesca e positivista un po’ ottusa. Io credo che la spending review si farà davvero solo quando si ridurrà molto la distanza tra la tecnica oggettivamente necessaria e la politica, che sola può scegliere tra le tante opzioni possibili.

Luca Ricolfi ha recentemente portato avanti sulla Stampa una tesi che non mi convince, e che rappresenta questa distanza. Per riformare in profondità la spesa e ottenere risparmi dalle riorganizzazioni della macchina, sostiene Ricolfi, sono necessari due-tre anni di lavoro. Se invece si vuole risparmiare in fretta, con tempi “renziani” per così dire, non è possibile riorganizzare tutto per bene e quindi è inevitabile tagliare i servizi. Messa così la spending review diventa una scelta impossibile tra immobilismo e scontri sociali. Io credo al contrario che esista una via diversa, forse terza.

Infatti, se da un lato l’immobilismo lo conosciamo da vent’anni e non è salutare, l’idea che l’alternativa sia una simultanea e completa riorganizzazione, come se si dovesse smontare un motore pezzo a pezzo e poi rimontarlo prima di ripartire, è veramente accademica (con il massimo rispetto per la categoria a cui appartengo) e astratta. Le scelte politiche da compiere in sede di revisione della spesa non hanno né la dimensione “macro” dei numeri finora raccontati dal commissario Cottarelli, ma non possono neanche riguardare dettagli “micro” che vanno operati dai dirigenti pubblici.

Le scelte politiche riguardano opzioni dalla dimensione mediana rispetto a questi estremi, opzioni che diventano in tal modo comprensibili e per cominciare a operare le quali servono pochi mesi, in un processo che deve cominciare per non finire più. Infatti, l’analisi di congruità tra quello che si spende e il suo effetto deve diventare una attività continua guidata dalla presidenza del consiglio, come avviene in ogni azienda o in ogni famiglia. Se la macchina invecchia e consuma troppo, si cambia macchina. Se la direzione generale X svolge una funzione inefficace, forse non serve più averla, mentre ne serve una che faccia cose diverse e nuove.

La spending review non deve essere dunque una cosa che inizia e poi finisce, ma un metodo di lavoro ordinario che deve partire e che all’inizio certamente genererà molti risparmi, ma risparmi che possono essere compresi e motivati, e scelte politiche che possono essere effettuate, solo se il loro livello non è astratto e generale, ma nemmeno minuto e specifico. Ad esempio: esistono, a spanne, circa 200 direzioni generali nel governo italiano, è possibile avere uno spaccato sufficientemente ragionato ma non enciclopedico della loro funzionalità e della congruenza tra loro costi e obiettivi rispetto a quello che hanno fatto negli scorsi dieci anni?

Invece di ragionare su liste onnicomprensive è pensabile un processo progressivo ma effettuato ad un livello in cui è possibile a tutti capire il perché di un risparmio, di un taglio e di un accorpamento? Un esercizio del genere consente di scegliere con cognizione di causa, e consente di comunicare e spiegare con semplicità le scelte. Al contrario, i passati “tagli lineari” erano interventi che finivano per risultare incomprensibili, e quindi ingiusti, come calamità bibliche finivano spesso per effettuare i tagli più facili, non quelli necessari.

È una tipica illusione della seconda repubblica, col tempo diventata truffa ideologica, l’idea che esistano “modelli”  in grado di risolvere le cose e garantire felicità per tutti, e infatti quando le cose non funzionano la colpa è sempre di chi non ha adottato il modello nella sua interezza.

Questo vale anche per la spending review a cui va tolto il manto di panacea per farla diventare sinonimo di responsabilità pubblica – dei politici che compiono le scelte e dei dirigenti che le implementano – rispetto alla efficacia e ragionevolezza sul modo in cui si spendono i soldi di tutti noi.

@marcosimoni_


Viewing all articles
Browse latest Browse all 13

Latest Images

Trending Articles